Gli aspetti medico-legali dell’équipe in Sala Operatoria, chi ne risponde? Assistente di sala: Infermiere/OSS?

22 Ott , 2025 - Blog

Gli aspetti medico-legali dell’équipe in Sala Operatoria, chi ne risponde? Assistente di sala: Infermiere/OSS?

Uno studio pubblicato nel 2023 sulla rivista Sage open nursing, attraverso un’intervista strutturata ha evidenziato come la sicurezza del paziente corrisponda al ruolo principale di tutti gli infermieri in sala operatoria. Attraverso questa premessa essenziale per il nostro operare professionale, iniziamo, gradualmente a rispondere al nostro quesito. Lo facciamo partendo da un icebreaker, una provocazione, la quale attraverso una storia vera, accompagnerà il nostro stare insieme.

Storia

Il 29 giugno 2020 un paziente è stato sottoposto ad un intervento chirurgico. Il 10 maggio 2021, dovendosi sottoporre ad una TAC per altra patologia, ha scoperto di aver conservato una garza in addome, lasciata lì proprio al termine dell’intervento chirurgico di qualche mese prima.

Dal punto di vista della responsabilità civile contrattuale, l’azienda ha risarcito il danno con una somma pari ad euro 9300, ed utilizzando l’articolo 9 della legge 24/2017 si è rivalsa sui professionisti sanitari nel modo che segue:

Primo operatore: 40% per un importo corrispondente a € 3.720,00;

Secondo operatore: 20% per un importo corrispondente a € 1.860,00;

Strumentista: 20% per un importo corrispondente a € 1.860,00;

Infermiere: 10% per un importo corrispondente a € 930,00;

Operatore Socio Sanitario: 10% per un importo corrispondente a € 930,00.

Sentenza n. 36/2025 Corte dei Conti

A quanto pare, l’infermiere di sala e l’oss hanno avuto la stessa percentuale. In teoria abbiamo risposto alla domanda iniziale.

Eppure, innumerevoli sono le sfaccettature sulle quali hanno sentenziato i giudici, i quali, ricordiamolo nel loro operare, valutano il comportamento attivo o omissivo solamente ex post, a posteriore, quando tutto è successo.

Quali sono queste “sfaccettature”?

Prima di tutto i profili professionali. Questi rappresentano l’unico riferimento normativo degno di nota, nel senso che i suddetti Giudici partono sempre dalla lettura di tale documento così da comprenderne l’aderenza dei sanitari coinvolti

La legge 42/1999 definisce, tra l’altro, 3 criteri guida e 2 criteri limite, questi ultimi relativi alle figure mediche e altri operatori sanitari.

Anche in questo caso, i professionisti devono rispettare il proprio ordinamento didattico, profilo professionale e codice deontologico (questi invece sono i criteri guida).

Nel 2001 è nata la figura dell’operatore sociosanitario. Tra l’altro proprio l’AICO nel 2023 nel suo documento “L’operatore sociosanitario in sala operatoria” ha descritto un vero e proprio processo di inserimento in tale setting. Di quell’elaborato condivido con voi 2 concetti:

Affidamento responsabile

Attribuzione di attività

Giusta attività

Giusto operatore

Dare la giusta indicazione

Utilizzare la giusta comunicazione

Mantenere una giusta supervisione e valutazione

Di fatto l’infermiere è responsabile del processo assistenziale, mentre l’oss dell’attività a lui attribuita.

Chiaramente, in un’ottica di responsabilità d’équipe si valuteranno entrambi i profili, così da comprendere la giusta attribuzione e la giusta esecuzione dell’attività. Ciò significa verificare se l’infermiere ha rispettato le sequenze poco fa descritte. In caso di non corretta attribuzione, la responsabilità potrebbe essere totalmente a carico dell’infermiere. Contrariamente si valuterà, attraverso il nesso di causa, se l’operato commissivo o omissivo dell’oss è stato in grado di arrecare un danno al paziente.

Entriamo ora nel vivo del concetto relativo alla responsabilità professionale. Si tratta di una adesione cosciente, attiva e partecipata alle regole di condotta tecnica (linee guida) e relazionale, assunzione seria e convinta del complesso onere dei doveri professionali, consapevolezza di poterne rispondere in sede penale, civile e disciplinare. Nella nostra storia anche amministrativa.

Gli elementi di responsabilità sono da ravvisarsi ogni qualvolta il professionista non espleti la propria attività secondo le regole dell’arte, ovvero ogni qualvolta regole ed indicazioni tecniche elaborate dalla applicazione delle nozioni tecniche scientifiche e attraverso l’esperienza applicativa, vengono disattese dando luogo a un evento rilevante sotto il profilo del diritto penale, civile o delle norme deontologiche.

Attività professionale

L’attività professionale è il lato nobile, positivo, legato al termine responsabilità: si intendono quelle attività per il cui esercizio sono richieste particolari conoscenze e abilità, la cui adeguatezza è verificata rapportandone la conformità alle regole proprie di una disciplina o categoria. È contraddistinta da un carattere intellettuale attraverso il quale esercitare la propria professione.

Mancando il suddetto lato nobile delle professioni sanitarie, continuando a prendere spunto dalla nostra storia iniziale, ecco cosa afferma la Procura: in assenza delle gravi, negligenti ed imperite condotte descritte, la ritenzione della garza nel sito chirurgico non si sarebbe verificata, e il paziente non sarebbe stato costretto a subire un secondo intervento riparatore, né si sarebbe attivato il risarcimento dei danni subiti, poi effettivamente riconosciuto al paziente. Il conteggio delle garze è un compito che spetta all’intera équipe, che ha il dovere di garantire, unitariamente la sua correttezza, oltre alla buona riuscita dell’operatore, in qualunque suo aspetto.

Come si valuta l’inadempimento e come si comprende la percentuale di responsabilità alla quale i vari protagonisti possono andare incontro?

2 sono i concetti chiave, definibili fari, percorribili seguendo tutti i dettami positivi definiti finora, corroborato dal rispetto delle linee guida, raccomandazioni e buone pratiche.

La prudenza corrisponde all’obbligo di adottare comportamenti cauti e di valutare i rischi, evitando condotte avventate o pericolose per il paziente. Si manifesta come la capacità di prevedere le possibili conseguenze dell’azione sanitaria e di scegliere il modo più idoneo per attuare l’intervento.

La diligenza, normata dall’articolo 1176 del Codice civile, in questo caso riferibile al comma 2, corrisponde alla diligenza esigibile dal professionista sanitario regolato e accorto, ossia il professionista esercente la sua attività con scrupolosa attenzione ed adeguata preparazione professionale. Essa deve essere superiore alla media.

La prudenza e la diligenza declinate al plurale si tramutano in responsabilità d’équipe.

Per attività svolta in équipe si intende un’attività sanitaria svolta con il contributo di una pluralità di operatori sanitari (aggiungiamo anche sociosanitari?), ciascuno dei quali titolare di una specifica competenza, finalizzata alla tutela della salute. Per tale ragione vige il principio della personalità della responsabilità penale (valutazione delle concrete “mansioni” di ciascun componente).

La responsabilità penale va estesa a tutti i membri dell’équipe, che non osservano le regole di diligenza e perizia connesse alle mansioni svolte e del dovere di valutare l’attività degli altri componenti, al fine di porre rimedio ad errori evidenti per un professionista medio.

Qui le nostre storie diventano 2 a dire la verità. Ci riferiamo a due chirurghi ed una strumentista, i quali il 18 agosto 2014, durante un intervento chirurgico di by-pass aorto-coronarico, provocarono la morte di un paziente. In particolare, alla strumentista venne contestato di aver agito con negligenza, imprudenza e imperizia, poiché rimuovendo i markers colorati che contraddistinguono i tubi venoso e arterioso della circolazione extra corporea, “permise” ai chirurghi di collegare i raccordi in maniera sbagliata, collegando la linea venosa con quella arteriosa e la linea arteriosa con quella venosa del paziente. Tale errore comportò la morte del malato a causa di un edema cerebrale e polmonare secondari a sofferenza ischemica e ipossica acuta, cagionata proprio dall’inversione del flusso di sangue venoso e arterioso.

Principio dell’affidamento ed il principio del controllo incrociato.

Nel primo caso abbiamo deciso di realizzare un’infografica positiva al di sopra della linea rossa, negativa al di sotto.

Principio dell’affidamento, secondo il quale il singolo membro confida che gli altri componenti lavorino nel rispetto delle regole di diligenza proprie e valorizzando al massimo le proprie conoscenze e competenze professionali.

Il principio dell’affidamento non può essere invocato come esimente nei casi:

Commesso da altro operatore, ma in una materia non specialistica, rientrante nel bagaglio professionale di ogni professionista medio;

Errore commesso in un settore specialistico cui abbia assistito altro operatore pure specializzato in tale settore;

Errore commesso in un settore specialistico, ma talmente grossolano da non poter sfuggire ad altro professionista, pur non specialista in quel settore.

Gli obblighi di protezione nei confronti del paziente gravano su ciascun membro dell’équipe, indipendentemente dalle mansioni affidate, e ciascun operatore sanitario ha il dovere di controllare l’operato degli altri, e di verificare, quantomeno, che non siano commessi errori evidenti, rilevabili con le conoscenze professionali medie e con la dovuta diligenza.

Per la Procura è evidente, quindi, nel caso di specie, la negligenza e l’imperizia dei soggetti coinvolti i quali, di fronte ad un’attività elementare, non hanno posto in essere condotte esigibili non solo da professionisti esperti, ma da qualunque soggetto. Tali elementi connoterebbero la condotta dei soggetti coinvolti nella vicenda in termini di colpa grave.

Colpa grave

Per parlare di colpa grave occorre accertare che si siano verificati errori non scusabili per la loro grossolanità o l’assenza delle cognizioni fondamentali attinenti alla professione, ovvero abbia difettato il grado di perizia tecnica necessario in relazione all’atto operatorio posto in essere o anche che siano rimaste inosservate elementari regole di cautela e di attenzione, oppure che vi sia stata ogni altra imprudenza che dimostri superficialità e disinteresse per i beni primari affidati alle cure dell’operatore sanitario.

Il convenuto non può a buon diritto invocare l’affidamento nell’osservanza altrui di una norma precauzionale al cui rispetto era parimenti obbligato.

Nel caso di intervento posto in essere da una équipe medica, tutto il  personale sanitario coinvolto è tenuto a cooperare ed ad attivarsi concretamente per la buona riuscita dell’intervento non potendo degradare il ruolo dei medici o del personale presente in sala che affianca il primo operatore a quello di mero esecutore materiale degli ordini o indicazioni impartite, assumendo viceversa ogni operatore sanitario la piena responsabilità dell’attività posta in essere e delle relative conseguenze. In tale senso è stato affermato che in tema di responsabilità medica, l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’équipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo dell’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, in quanto tali rilevabili con l’ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio.

Ogni sanitario compreso il personale non medico è tenuto oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico, senza che possa invocarsi il principio di affidamento da parte dell’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l’affermazione dell’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità ed imprevedibilità.

Posizione di garanzia

L’infermiere è per legge portatore di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti, la cui salute deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità, per l’intero tempo del turno di lavoro e che sul personale infermieristico incombe l’obbligo del conteggio delle garze e dei ferri e più in generale un dovere collaborativo verso il personale medico al fine di non sindacare l’operato del medico, bensì per richiamarne l’attenzione sugli errori percepiti.

Il rapporto tra infermiere e medico non può qualificarsi in termini di mera subordinazione, ma di collaborazione nelle rispettive sfere di competenza, con conseguente assunzione di una specifica e autonoma posizione di garanzia da parte dell’infermiere in ordine alla salvaguardia della salute del paziente e in adesione al principio della prevedibilità ed evitabilità delle conseguenze derivanti dal mancato completo sgombero del campo operatorio.

E l’OSS?

Infine, il Giudice guarda oltre le figure sanitarie e “forse” per la prima volta estende la responsabilità anche all’operatore socio sanitario, colpevole da questo collegio avendo consapevolezza dei compiti di un OSS: volge attività di cura con semplici apparecchi medicali e aiuta nell’assunzione dei farmaci; rileva i parametri vitali dell’assistito e ne percepisce le comuni alterazioni; procede alla raccolta dei rifiuti, al trasporto del materiale biologico, sanitario e dei campioni per gli esami diagnostici.

Conclusioni

Le sentenze e le recenti evoluzioni normative confermano che la responsabilità nell’ambito dell’équipe sanitaria opera su livelli molteplici e trasversali. Infermieri, OSS e altri professionisti devono essere consapevoli che la partecipazione attiva, l’osservanza delle regole di prudenza e diligenza, il controllo incrociato e una corretta attribuzione dei compiti sono elementi imprescindibili per la tutela del paziente e per la prevenzione degli eventi avversi. Nessun operatore può considerarsi mero esecutore: ciascuno, nel rispetto del proprio profilo, assume una posizione di garanzia e di collaborazione, con la concreta possibilità di rispondere civilmente, penalmente e disciplinarmente delle proprie azioni od omissioni.

La giurisprudenza evidenzia inoltre come l’estensione di responsabilità all’OSS rappresenti un passaggio storico, che pone tutti i membri dell’équipe davanti a nuove sfide professionali. Solo attraverso una formazione continua, una comunicazione efficace e uno spirito di responsabilità condivisa sarà possibile garantire la sicurezza del paziente e la qualità dell’assistenza sanitaria. Il futuro dell’équipe non potrà che fondarsi su questi principi, integrando competenze, conoscenze e consapevolezza dei nuovi ruoli e delle responsabilità derivanti.

Se vuoi restare aggiornato sulle mie attività formative e di consulenza sanitaria legale-forense scrivimi.

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